Decreto Salva Casa
cosa cambia per sottotetti, stato legittimo degli immobili e destinazioni d’uso

Il Senato ha approvato in via definitiva la legge di conversione del decreto Salva Casa. Il provvedimento incide profondamente sul Testo Unico dell’Edilizia. Tra le principali modifiche: l’ampliamento delle categorie di interventi realizzabili in regime di edilizia libera, nuove regole per dimostrare lo stato legittimo degli immobili, agevolazioni per i cambi d’uso, superamento della doppia conformità per le parziali difformità e le variazioni essenziali, nuove tolleranze costruttive ed esecutive. Quali sono le altre novità?
Il decreto Salva Casa è legge. Il Senato, infatti, nella seduta del 24 luglio 2024, a pochi giorni di distanza da quella della Camera, ha approvato in via definitiva il disegno di legge di conversione, con modificazioni, del
D.L. n. 69/2024, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica.
Numerose le modifiche intervenute in sede di conversione, che hanno reso il provvedimento ancora più articolato rispetto a quanto già non fosse il testo originale.
Di seguito le misure principali contenute nel decreto legge convertito.


Consentito il recupero dei sottotetti anche in deroga alle distanze minime
Con la lettera 0a) del comma 1 dell’articolo 1, aggiunta nel corso dell'iter parlamentare, si introduce il comma 1-quater all’articolo 2-bis del Testo Unico Edilizia (D.P.R. 380/2001), in base al quale il recupero dei sottotetti è comunque consentito, nei limiti e secondo le procedure previste dalla legge regionale, anche quando l’intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, a condizione che:
- siano rispettati i limiti di distanza vigenti all’epoca della realizzazione dell’edificio;
- non siano apportate modifiche, nella forma e nella superficie, all’area del sottotetto come delimitata dalle pareti perimetrali;
- sia rispettata l’altezza massima dell’edificio assentita dal titolo che ha previsto la costruzione del medesimo.


Ampliamento delle categorie di interventi realizzabili in regime di edilizia libera
La successiva lettera a) interviene sull’articolo 6 del Testo Unico Edilizia che disciplina le attività eseguibili in regime di edilizia libera, ovvero i lavori che possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo.
Durante il passaggio parlamentare, la disposizione è stata oggetto di modifica sotto due distinti aspetti:
- è stata limitata la possibilità di installare senza permessi le vetrate panoramiche amovibili (VePA) sui porticati pubblici;
- è stata inclusa l'installazione di pergole bioclimatiche tra gli interventi in edilizia libera.
Nel dettaglio, per quanto riguarda le VePA, intervenendo sulla lettera b-bis, primo periodo, del comma 1 del suddetto articolo 6 del Testo Unico Edilizia, si consente la loro installazione in regime di edilizia libera anche sui porticati, a eccezione di quelli gravati, in tutto o in parte, da diritti di uso pubblico o collocati nei fronti esterni dell’edificio prospicienti aree pubbliche.
Per quanto riguarda le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, con la nuova lettera b-ter) del comma 1 dell’articolo 6 del Testo Unico Edilizia si estende il regime di edilizia libera alle opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola, anche bioclimatiche, con telo retrattile, anche impermeabile, ovvero con elementi di protezione solare mobili o regolabili, e che sia addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera.
In ogni caso, dette opere sono ammesse in regime di edilizia alle seguenti condizioni:
- non possono determinare la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici;
- devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente;
- devono armonizzarsi alle preesistenti linee architettoniche.


Nuove regole per dimostrare lo stato legittimo dell’immobile
La lettera b) incide in modo significativo sulla disciplina dello stato legittimo dell’immobile dettata dall’articolo 9-bis del Testo Unico Edilizia.
Nello specifico, a seguito della modifica apportata, lo stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare può essere dimostrato:
a) dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa o da quello, rilasciato o assentito, che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o l’intera unità immobiliare, a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali;
b) dai titoli rilasciati o formati, previo pagamento delle relative sanzioni o oblazioni, in applicazione delle seguenti disposizioni del Testo Unico Edilizia:
- delle norme per la regolarizzazione di varianti in corso d'opera in parziale difformità dal titolo abilitativo rilasciato prima dell’entrata in vigore della legge n. 10/1977, di cui all’articolo 34-ter;
- delle norme sul permesso in sanatoria, di cui all’articolo 36;
- delle norme che disciplinano l’accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità, di cui all’articolo dall’36-bis;
- della disciplina sulla sanzione pecuniaria conseguente ad annullamento del permesso di costruire che realizza gli effetti del permesso di costruire in sanatoria, di cui all’articolo 38;
c) dal pagamento delle sanzioni previste dal Testo Unico Edilizia per:
- gli interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità, di cui all’articolo 33;
- per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, di cui all’articolo 34;
- per gli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività, purché su immobili comunque non sottoposti a vincolo, di cui all’articolo 37, commi 1, 3, 5 e 6;
- per interventi eseguiti in base a permesso annullato, di cui all’articolo 38;
d) la dichiarazione relativa alle tolleranze costruttive, di cui all’articolo 34-bis.
Come precisato in fase di conversione (lettera b-bis):
- ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell’edificio di cui all’articolo 1117 del codice civile;
- ai fini della dimostrazione dello stato legittimo dell’edificio non rilevano le difformità insistenti sulle singole unità immobiliari dello stesso.

Resta confermato che, per gli immobili realizzati in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d'archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Tale disposizione è applicabile anche ai casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non siano disponibili la copia o gli estremi.


Nuove regole per il cambio di destinazione d’uso delle unità immobiliari
Con la lettera c) si integra l’articolo 23-ter del Testo Unico Edilizia, che disciplina i cambi di destinazione d’uso delle unità immobiliare.
Con le modifiche approvate in sede di conversione diventa più facile modificare la destinazione d'uso delle unità immobiliari.
In primo luogo, mentre nel testo originario del D.L. 69/2024 i cambi d’uso erano consentiti senza opere, nel testo uscito dal passaggio parlamentare il mutamento di destinazione d'uso è sempre ammesso sia “con” che “senza opere”.

Viene inoltre chiarito che sono considerati cambi di destinazione senza opere quelli che comportano l'esecuzione di opere edilizie ovvero se le opere da eseguire sono riconducibili agli interventi in edilizia libera (di cui all'articolo 6 del Testo Unico Edilizia).

È poi previsto che il mutamento della destinazione d’uso della singola unità immobiliare (con o senza opere):
- è sempre consentito all’interno della stessa categoria funzionale (cambio “orizzontale”), nel rispetto delle normative di settore e ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni;
- è ammesso tra diverse categorie funzionali (cambio “verticale”), nel rispetto delle normative di settore, nelle zone A), B) e C) previste dall’articolo 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici n. 1444/1968 (ovvero nelle zone equipollenti come definite dalle leggi regionali in materia), limitatamente alle categorie residenziale, turistico-ricettiva, produttiva e direzionale e commerciale, di cui al comma 1, lettere a), a-bis), b) e c) del comma 1 dell’articolo 23-ter del Testo Unico Edilizia (ad eccezione di quella rurale, di cui alla lettera d), del predetto articolo 23-ter), ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni, inclusa la finalizzazione del mutamento alla forma di utilizzo dell’unità immobiliare conforme a quella prevalente nelle altre unità immobiliari presenti nell’immobile. Per le unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate il cambio d’uso è disciplinato dalla legislazione regionale, a cui è demandato il compito di prevedere i casi in cui gli strumenti urbanistici comunali possono individuare specifiche zone in cui è consentito il passaggio ad una diversa categoria funzionale.
Con riferimento ai cambi “verticali”, viene specificato che il mutamento d’uso non è assoggettato:
- all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale previsto dal D.M. 1444/1968 e dalle disposizioni di legge regionale;
- al vincolo della dotazione minima obbligatoria dei parcheggi previsto dalla Legge n. 1150/1942.
Resta fermo, nei limiti di quanto stabilito dalla legislazione regionale, ove previsto, il pagamento del contributo richiesto per gli oneri di urbanizzazione secondaria.

Il mutamento d’uso senza opere è soggetto alla SCIA (Segnalazione certificata di inizio attività), mentre per quello con opere è necessario essere in possesso del titolo per l’esecuzione delle opere necessarie al cambio d’uso.

Relativamente al cambio d’uso di interi edifici, con la modifica del terzo periodo del comma 3 dell’articolo 23-ter del Testo Unico Edilizia, viene disposto che, salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d'uso di un intero immobile all'interno della stessa categoria funzionale è consentito subordinatamente al rilascio della SCIA (nel caso di cambio d’uso senza opere) o del titolo per l’esecuzione delle opere (nel caso di cambio d’uso con opere).


Nuovi requisiti di abitabilità degli immobili
Ulteriore novità introdotta in sede di conversione riguarda i requisiti di abitabilità degli immobili.
In particolare, la lettera c-bis) interviene sull’articolo 24 del Testo Unico Edilizia, diminuendo:
a) la superficie abitabile minima, comprensiva dei servizi, fermo restando il rispetto degli altri requisiti igienico-sanitari previsti dalla normativa vigente, che passa:
- da 28 metri quadrati a 20 metri quadri per i monolocali;
- da 38 metri quadrati a 28 metri quadrati per i bilocali.
b) l’altezza minima, che passa dagli attuali 2,70 a 2,40 metri.
Tali nuove altezze e superfici saranno applicabili qualora sia soddisfatta almeno una delle seguenti condizioni:
- i locali siano situati in edifici sottoposti ad interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie;
- sia contestualmente presentato un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell’alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell’alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di una adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d’aria trasversali e dall’impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliari.
Restano ferme le deroghe ai limiti di altezza minima e superficie minima dei locali previste a legislazione vigente.


Proroga termini per la rimozione degli abusi

Con la successiva lettera c-ter), aggiunta in sede di conversione, vengono aumentati i termini per la rimozione degli abusi edilizi.
Nello specifico, intervenendo sul comma 3 dell’articolo 31 del Testo Unico Edilizia, viene disposto che la demolizione (che di norma dovrà essere eseguita entro 90 giorni dall'ingiunzione) può essere rinviata dal Comune fino ad un massimo di 240 giorni nei casi di serie e comprovate esigenze di salute dei soggetti residenti nell’immobile all’epoca di adozione dell’ordinanza o di assoluto bisogno o di gravi situazioni di disagio socio-economico, che rendano inesigibile il rispetto ditale terminese sussistono esigenze di salute o di carattere socio-economiche del proprietario.


Alienazione da parte dei Comuni degli immobili abusivi
La lettera d) modifica l’articolo 31 del Testo Unico Edilizia, il quale prevede, quale conseguenza dell’ingiustificata inottemperanza all’ordine di demolizione dell’opera abusiva e rimessione in pristino dello stato dei luoghi entro 90 giorni (ovvero nel maggior temine di 240 giorni, introdotto dalla lettera c-ter) dall’ordine comunale di demolizione, l’automatica acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera e dell’area pertinente.
Ai sensi del comma 5, l’amministrazione, acquisita l’opera, può:
- disporre la demolizione con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell'abuso;
- conservare l’opera abusiva, non procedendo quindi alla sua demolizione, in presenza di determinati interessi pubblici.
Con la lettera d) si interviene su tale ultimo punto, aggiungendo, tra gli interessi da considerare nella delibera del consiglio comunale che deroga al generale obbligo di demolizione, quelli culturali e paesaggistici.
A seguito di tale modifica, quindi, il Comune può acquisire e conservare l’immobile abusivo, a condizione che la demolizione non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico e previa acquisizione degli assensi, concerti o nulla osta comunque denominati delle amministrazioni competenti, ai sensi dell’articolo17-bis della legge n. 241/1990.
In alternativa, è riconosciuta ai Comuni la possibilità di procedere all’alienazione del bene e della relativa area di sedime, condizionando sospensivamente il contratto alla effettiva rimozione delle opere abusive da parte dell’acquirente.
Viene espressamente previsto che alla procedura di alienazione non potrà partecipare il responsabile dell’abuso.
La vendita è ammessa:
- previa acquisizione degli assensi, concerti o nulla osta comunque denominati delle amministrazioni competenti;
- a condizione che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico.
Il valore dell’immobile è determinato dall’Agenzia delle entrate tenendo conto dei costi per la rimozione dei manufatti.


Aumento delle sanzioni per interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire
Il testo finale conferma l’aumento delle sanzioni previste dall’articolo 34 del Testo Unico Edilizia per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA, quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità.
In particolare, con la modifica apportata dalla lettera e), la sanzione è pari:
- al triplo (anziché il doppio) del costo di produzione, stabilito in base alla legge n. 392/1978, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale;
- al triplo (anziché il doppio) del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale.


Modifiche alla disciplina sulle tolleranze costruttive ed esecutive
La lettera f) aggiunge i commi 1-bis, 2-bis, 3-bis e 3-ter all’articolo 34-bis del Testo Unico Edilizia, che introducono una disciplina speciale per le tolleranze costruttive ed esecutive per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024.
In primo luogo, con il nuovo comma 1-bis si dispone che, per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro i limiti:
- del 2% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 metri quadrati;
- del 3% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 300 e i 500 metri quadrati;
- del 4% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 100 e i 300 metri quadrati;
- del 5% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 metri quadrati.
- del 6% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 60 metri quadrati (nuova tolleranza costruttiva inserita in sede di conversione).

Tali scostamenti sono applicabili anche alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari.

Per la determinazione della superficie utile si dovrà far riferimento alla sola superficie prevista dal titolo edilizio che ha abilitativo l’intervento escludendo gli eventuali frazionamenti dell’immobile o dell’unità immobiliare eseguiti nel corso del tempo.
Secondo quanto disposto dall’articolo 3, comma 1, qualora tali tolleranze costruttive siano realizzate su immobili soggetti a vincolo paesaggistico è esclusa l’autorizzazione paesaggistica.
Sempre per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, ai sensi del nuovo comma 2-bis sono considerate tolleranze esecutive:
- il minore dimensionamento dell’edificio;
- la mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali;
- le irregolarità esecutive di muri esterni ed interni;
- la difforme ubicazione delle aperture interne;
- la difforme esecuzione di opere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria;
- gli errori progettuali corretti in cantiere;
- gli errori materiali di rappresentazione progettuale delle opere.
Al comma 3-bis) si prevede che nelle zone a rischio sismico elevato disciplinate all’articolo 83 del Testo Unico Edilizia, ad eccezione di quelle a bassa sismicità indicate nei decreti ministeriali contenenti le norme tecniche di costruzione in zone sismiche, il tecnico abilitato attesti che le tolleranze rispettino le disposizioni specifiche per le costruzioni in area sismica, di cui alla sezione I del capo IV della parte II del Testo unico dell’edilizia.
Tale attestazione, corredata della documentazione tecnica dell’intervento, deve essere trasmessa allo sportello unico:
- per l’acquisizione dell’autorizzazione dell’ufficio tecnico regionale secondo la disciplina prevista all’articolo 94 del Testo Unico Edilizia;
- ovvero, per le difformità che costituiscono interventi privi di rilevanza o di minore rilevanza previsti dall’articolo 94-bis del Testo Unico Edilizia, per l’esercizio delle modalità di controllo delle regioni disciplinato al comma 5 del medesimo articolo.
Con il comma 3-ter, infine, viene precisato che l’applicazione della disciplina delle tolleranze non può comportare limitazioni dei diritti dei terzi.


Iter per regolarizzare le variazioni in corso d’opera per i titoli rilasciati prima del gennaio 1977
Tra le molte novità introdotte in fase di conversione, di particolare rilevanza è la lettera f-bis) che aggiunge nel Testo Unico Edilizia l’articolo 34-ter, che disciplina una procedura specifica per varianti in corso d’opera su titoli rilasciati prima della data di entrata in vigore della legge n. 10/1977 (30 gennaio 1977).
Più nello specifico, si prevede la possibilità di regolarizzare gli interventi realizzati come varianti in corso d’opera che costituiscono parziale difformità dal titolo rilasciato prima del 30 gennaio 1977, anche se non rientrano nelle tolleranze previste dall’articolo 34-bis.

Per dimostrare la datazione dei lavori, sarà possibile utilizzare documenti catastali, fotografie o altri atti, o in mancanza sarà un professionista tecnico ad attestare, sotto la propria responsabilità, l’anno dei lavori.

L’abuso edilizio si regolarizzerà:
- con la presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA);
- il pagamento, a titolo di oblazione, di una somma determinata ai sensi del comma 5 dell’articolo 36-bis, introdotto dalla lettera h) del comma 1 dell’articolo 1.
Le parziali difformità realizzate durante l’esecuzione dei lavori oggetto di un titolo abilitativo, che siano state esaminate dai funzionari del Comune in fase di rilascio dell’abitabilità ma che non siano state contestate, invece, potranno essere sanate come tolleranze costruttive di cui all’articolo 34-bis (senza pagamento di una sanzione), alle seguenti condizioni:
- non sia stato emesso, in seguito alle citate verifiche, un ordine di demolizione o riduzione in pristino;
- sia stata rilasciata la certificazione di abitabilità o di agibilità nelle forme previste dalla legge, non annullabile ai sensi della disciplina dell’annullamento d'ufficio recata dall’art. 21-nonies della legge n. 241/1990.


Superamento del requisito della doppia conformità per le parziali difformità e le variazioni essenziali
Il testo definitivo del decreto conferma il superamento del requisito della doppia conformità edilizia per le parziali difformità. In sede di conversione, l’eliminazione della doppia conformità è stata estesa anche alle variazioni essenziali.
In particolare, la lettera g) del comma 1 dell’articolo 1 interviene sull’articolo 36 del Testo Unico Edilizia, prevedendo che, per gli interventi realizzati in assenza di titolo, in totale difformità o con variazioni essenziali dal permesso di costruire o dalla SCIA alternativa al permesso di costruire di cui all'articolo 23 del Testo Unico Edilizia, in quanto fattispecie di maggiore gravità, continua a permanere il regime della doppia conformità urbanistica ed edilizia (previsioni di piano e normativa tecnica), ossia della necessità di rispettare:
- la normativa edilizia e urbanistica vigente al momento della realizzazione;
- la normativa edilizia e urbanistica vigente al momento di presentazione dell'istanza.
Con la lettera h), invece, si aggiunge al Testo Unico Edilizia nuovo articolo 36-bis, che elimina il requisito della doppia conformità per le difformità parziali e le difformità essenziali, introducendo in tali ipotesi una sanatoria semplificata.
Più nel dettaglio, per gli interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA alternativa al permesso di costruire nonché quelli realizzati in assenza o in difformità dalla SCIA ordinaria di cui all'articolo 22 del Testo Unico Edilizia, vi è il superamento della doppia conformità. In tali casi, è possibile ottenere il permesso di costruire in sanatoria e presentare la SCIA se l'intervento è conforme:
- alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda;
- ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell'intervento.
Con una modifica apportata in sede di conversione, è stata estesa l’applicabilità delle predette disposizioni di cui al nuovo articolo 36-bis anche alle variazioni essenziali di cui all’articolo 32 del Testo Unico Edilizia.
Nei casi di difformità parziali, il Comune può subordinare il rilascio del permesso/SCIA in sanatoria all’esecuzione di interventi per rendere l’opera conforme alla normativa tecnica, edilizia, igienico sanitaria, nonché alla rimozione delle opere che non possono essere sanate.
Il rilascio del permesso in sanatoria e la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono subordinati al pagamento, a titolo di oblazione, di una somma:
a) pari al contributo di costruzione in misura doppia ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, determinato in misura pari a quella prevista dall’articolo 16 del Testo Unico Edilizia, incrementato del 20% in caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di nelle ipotesi di cui all'articolo 34, e in caso di variazioni essenziali ai sensi dell'articolo 32. Detto incremento del 20% non si applica nei casi in cui l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda;
b) pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile valutato dall'agenzia del territorio, in una misura determinata dal responsabile del procedimento, non inferiore a 1.032 euro e non superiore a 10.328 euro qualora l'intervento sia eseguito in assenza o in difformità da essa, e in misura non inferiore a 516 euro e non superiore a 5.164 euro qualora l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, si applica altresì una sanzione determinata previa perizia di stima e equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione; in caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria.


Mantenimento delle strutture amovibili Covid
L’articolo 2, che non costituisce una modifica o integrazione del Testo Unico Edilizia, detta le norme per il mantenimento delle strutture amovibili realizzate il periodo Covid-19.
In particolare, il comma 1 dispone che le strutture amovibili realizzate per finalità sanitarie, assistenziali, educative durante lo stato di emergenza nazionale dichiarato in conseguenza della pandemia da Covid-19 e mantenute in esercizio alla data di entrata in vigore del decreto (30 maggio 2024) possono rimanere installate in deroga ai limiti di tempo previsti dal Testo Unico Edilizia, alle seguenti condizioni:
- che vi siano comprovate e obiettive esigenze idonee a dimostrarne la perdurante necessità;
- che siano fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque rispettate le altre normative di settore incidenti sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, le norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché le disposizioni contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. n. 42/2004).
A tal fine, come indicato al comma 2, occorre presentare una comunicazione di inizio lavori asseverata dove andranno indicate le comprovate e obiettive esigenze di mantenimento e l’epoca di realizzazione della struttura.
Il Comune, in qualsiasi momento, può richiedere, con provvedimento motivato, la rimozione delle strutture nel caso in cui sia rilevata la non conformità dell’opera con le prescrizioni e i requisiti.

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