Concordato preventivo biennale opportunità o prevedibile fallimento?

Con l’approvazione del modello per l’adesione, tutto ormai è quasi pronto (manca ancora lo specifico software) per i potenziali destinatari delle proposte di concordato preventivo biennale. Molti però sollevano dubbi sul successo del nuovo istituto: la prospettiva di un prelievo tributario fondato su una predeterminazione dei redditi propone concrete evidenze sulla sua non attrattività, con il correlato rischio di non veder realizzato quanto previsto dal legislatore sia in termini di adesioni che di gettito fiscale.

Con il nuovo modello CPB 2024/2025, l’Agenzia delle Entrate ha individuato anche le modalità e i dati da comunicare telematicamente ai fini dell’accesso al concordato preventivo biennale.
Il modello dovrà essere presentato congiuntamente al modello ISA, in sede di dichiarazione dei redditi (modello Redditi 2024) e, ovviamente, solo se il contribuente intenderà aderire al concordato preventivo biennale per i periodi di imposta 2024 e 2025.
Diversamente, i contribuenti in regime forfetario potranno accettare il reddito proposto dall’Agenzia delle Entrate direttamente con il modello Redditi 2024, attraverso la compilazione della nuova sezione VI inserita all’interno del quadro LM.
Manca lo specifico software, ma tutto ormai è quasi pronto per i potenziali destinatari delle proposte di concordato che non sono certo pochi, in ragione del fatto che i previsti “soggetti di minori dimensioni” sono quelli tenuti all’applicazione degli ISA e non è certamente platea di poco conto quella con un fatturato annuo non superiore a 5.164.569 euro.

Cos’è quindi e come funziona il concordato preventivo biennale?
Sulla base dei dati a disposizione dell’Agenzia delle Entrate verranno concordate le imposte dovute nei due anni dal titolare di partita IVA, con possibilità di ulteriore rinnovo.
Il concordato preventivo biennale consisterà in una proposta che l’Agenzia delle Entrate farà ai titolari di partita IVA, sulla base dei dati in proprio possesso, al fine di stabilire preventivamente le imposte dovute.
Ad esserne coinvolte saranno le partite IVA che applicano gli ISA (ossia gli ex Studi di Settore) e i forfettari. Resta invece la condizione di regolarità fiscale e in particolare l’adesione al concordato preventivo biennale sarà riservata ai titolari di partita IVA che non hanno debiti tributari ovvero hanno estinto quelli che tra essi sono d’importo complessivamente pari o superiori a 5.000 euro per tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, compresi interessi e sanzioni, ovvero per contributi previdenziali definitivamente accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione.
Il reddito aggiuntivo incassato non sarà soggetto a tassazione e, in caso di minori introiti superiori al 50 per cento, il MEF potrà prevedere ipotesi straordinarie di revoca del piano concordato.
In sostanza, in caso di aumento o diminuzione del reddito effettivo rispetto a quanto concordato preventivamente con l’Agenzia delle Entrate, non subiranno modifiche i calcoli già effettuati in sede di adesione alla proposta.
Ecco quindi che emerge chiaro il principale vantaggio del concordato preventivo biennale: per le partite IVA che incasseranno più di quando dichiarato, le somme eccedenti non saranno tassate. Di contro, nessuna modifica in diminuzione anche in caso di reddito effettivo inferiore.
L’Agenzia delle Entrate svilupperà la proposta sulla base dell’incrocio delle banche dati a propria disposizione, tra cui quelle relative agli ISA. Il piano preventivo consentirà quindi di stimare in anticipo le imposte sui redditi dovute e l’IRAP.
Accogliendo le richieste degli addetti ai lavori, il testo definitivo del decreto legislativo in materia di accertamento e concordato preventivo biennale ridisegna le scadenze per l’adesione alla proposta elaborata dall’Agenzia delle Entrate.
I titolari di partita IVA avranno tempo fino al 15 ottobre 2024, ossia la stessa data per l’invio della dichiarazione dei redditi.
In sostanza, la scadenza per il versamento di saldo e primo acconto delle imposte sui redditi, dovuto entro il termine del 31 luglio in luogo del 30 giugno, seguirà le regole ordinarie mentre le imposte determinate sulla base della proposta di concordato andranno versate in sede di secondo
acconto (ossia il 30 novembre).


Concordato preventivo biennale: probabile flop?
In questi mesi, molti stanno sollevando dubbi sul successo del nuovo istituto, in pochi invece hanno già maturato consapevoli negative certezze, poiché la prospettiva di un prelievo tributario fondato su una predeterminazione dei redditi come quella ipotizzata propone non già dubbi, ma concrete evidenze sulla sua non attrattività, con il correlato rischio di non veder realizzato quanto previsto dal legislatore sia in termini di adesioni che di gettito fiscale.
Il nuovo concordato, infatti, punta su un procedimento orientato a elevare a sistema l’ineffettività della capacità contributiva, ma sottovaluta troppo che in questi casi le aspettative dei contribuenti sono quelle di vedersi attestare risultati di stampo condonistico e non vedersi “affibbiare”, in via anticipata e con il solo miraggio di ipotetici regimi premiali, una capacità contributiva presuntiva simile, o addirittura superiore, a quella effettiva.
Quando il Fisco allora decide di “derogare” all’effettività della capacità contributiva, non dovrebbe ignorare che le occasioni di evasione fiscale dei titolari di partita IVA sono state già assai ridotte da molti adempimenti obbligatori e che, quindi, i contribuenti non saranno diffusamente disponibili a vedersi assegnare un reddito da dichiarare a valori predittivi qualora gli stessi risultassero analoghi o similari a quelli effettivi.
Inutile girarci intorno: solo “sconti fiscali”, semmai raggiungibili anche tramite un contraddittorio semplificato di “contrattazione sulla determinazione dei tributi futuri”, ovvero sulla misura del prelievo nel biennio concordato, renderebbero un grande e sicuro appeal al nuovo istituto.
Fuoriuscendo, infatti, dall’ipocrisia è ben noto che questi istituti assicurano reale interesse solo quando si traducono in un condono dissimulato che, istituzionalizzando e rendendo sostanzialmente tollerabili minori dichiarazioni di reddito, le inquadrano in una sorta di rinuncia al gettito fiscale pattizia e preventiva.
Diversamente, invece, non si vede come possa essere incoraggiata l’adesione a questo nuovo concordato introducendo un sistema che, di fatto, sancisce solo una forma d’imposizione presuntiva alla quale, una volta prestata acquiescenza, solo eccezionalmente sarà consentito sottrarsi.
Standardizzazione preventiva dei redditi che sarà quindi prevedibilmente destinata al fallimento se non risultasse particolarmente allettante per i contribuenti cui è destinata.
Al contrario, invece, il concordato preventivo diverrebbe uno strumento valido incentivando adesioni utili a restringere il campo degli accertamenti sui “non aderenti”, ma se agli “aderenti” viene comunque preteso di adempiere ai propri obblighi contabili e dichiarativi anche nei periodi d’imposta oggetto del concordato, viene richiesto di dichiarare redditi concordati analoghi a quelli effettivi e non si garantiscono loro neanche esenzioni realmente “blindate” dagli accertamenti, l’adesione non risulterà certamente incoraggiata.
E a poco sembra poter valere anche quell’avvisaglia del legislatore secondo cui vi sarà “impiego di maggiore capacità operativa per intensificare l’attività di controllo nei confronti dei soggetti che non aderiscono al concordato preventivo biennale o ne decadono”: perché accertare milioni di contribuenti non aderenti al concordato sarà sostanzialmente impossibile.
Già in passato, nonostante offrissero condizioni e garanzie più favorevoli di quelle del nuovo concordato, il concordato sperimentale e la pianificazione fiscale concordata non ebbero fortuna; si ha quindi ragione di temere che nei prossimi mesi sarà ancora proiettato un film dal finale già scritto e che gli unici a festeggiare un accordo preventivo con il Fisco possano essere, ora come allora, solo quei contribuenti che, per effetto di misteriosi flussi dati informatici, vedranno magari assegnarsi redditi da concordare particolarmente vantaggiosi.
A pochi, infatti, sarà sfuggito come ad alcuni contribuenti cui si applicano quegli ISA, sulla base dei quali verranno predisposte le proposte di concordato, a volte gli specifici software attribuiscano elevati punteggi di affidabilità pur essendo conosciuti come contribuenti non particolarmente virtuosi: l’auspicio, quindi, è anche quello di non vedere ridotto il nuovo concordato in una specie di riffa.