Forfetari 2019, il pelo nell'uovo

Porte aperte 2019 ai nuovi forfettari, o meglio ai vecchi forfettari (ex.L. 190/2014), con le modifiche introdotte dalla recente legge di Bilancio (L.145/2018), tant’è che il riferimento normativo da riportare sulle fatture dei contribuenti che entreranno nel 2019 o proseguiranno dagli anni passati, è sempre il medesimo, ossia: L. 190/2014, art. 1, cc. da 54 a 89.

Il requisito di accesso da verificarsi nell’anno precedente (in caso di applicazione del regime agevolato nel 2019, la verifica è da effettuare sul 2018) è solo il seguente: ricavi o compensi ragguagliati ad anno non superiori a 65.000 euro. In caso di esercizio contemporaneo di 2 o più attività con codici ATECO differenti, si assume la somma dei ricavi/compensi.
Per accedere al regime, non sono obbligatori particolari adempimenti e dato che si tratta di un regime naturale, si considera il comportamento concludente, tuttavia il comma 56 della L.190/2014, immodificato nella sostanza dall’ultima legge di Bilancio, prevede che chi intenda avvalersi del regime forfettario, comunica tale scelta nella dichiarazione di inizio attività dichiarando di presumere la sussistenza del requisito dei 65.000 euro.

Se in positivo i requisiti di accesso sono stati drasticamente ridotti, eliminando il riferimento alle spese per lavoro dipendente, al costo storico dei beni strumentali e alla percezione di redditi di lavoro dipendente/assimilato, in negativo invece le condizioni sono state incrementate o per lo meno si sono ulteriormente complicate.
Non si possono avvalere del regime in questione (e ciò è da verificare non nell’anno precedente, ma al momento dell’accesso al regime) le seguenti categorie: soggetti che si avvalgono di regimi speciali IVA o di determinazione forfettaria del reddito; soggetti non residenti; soggetti che effettuano in via esclusiva o prevalente cessioni di fabbricati/terreni edificabili o mezzi di trasporto nuovi; soggetti che contemporaneamente all’esercizio dell’attività, abbiano partecipazioni in società di persone o associazioni professionali (studi associati) o imprese familiari; soggetti che contemporaneamente all’esercizio dell’attività, controllano direttamente o indirettamente SRL o associazioni in partecipazione, che esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dal soggetto in questione; soggetti la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti dei datori con in quali sono in corso rapporti di lavoro o lo sono stati nei 2 periodi d’imposta precedenti, o anche nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori.

Ora, se i primi 4 punti sono di facile interpretazione, lo stesso non vale per il 5° e il 6°, dove i termini "direttamente/indirettamente" devono essere oggetto di chiarimenti.
Proponiamo come esempio il caso estremo dell’avvocato che ha una partecipazione di controllo in una Srl edile (in questo caso, sebbene la partecipazione sia di controllo, è ovvio che l’attività edilizia non è riconducibile a quella forense), tuttavia vi potrebbero essere casi limite da chiarire urgentemente. Detto ciò, se la partecipazione viene ceduta prima dell’accesso al regime, il problema non si pone. Inoltre, il riferimento alle sole Srl e associazioni in partecipazione sembrerebbe non creare ostacoli in caso di partecipazioni, per esempio, in Spa o Sapa.