Cosa cambia - 18 Luglio 2018

Contratto a tempo determinato

Il decreto Dignità modifica la disciplina del contratto a tempo determinato allo scopo di limitare l’utilizzo di questa fattispecie contrattuale considerata sempre più ricorrente e spesso non corrispondente ad una reale necessità dei datori di lavoro. Il decreto riduce la durata massima dei contratti e il numero delle proroghe possibili, reintroduce le clausole giustificatrici, incrementa i costi e i termini per l’impugnazione.

Si sottolinea che le nuove disposizioni trovano applicazione a tutti i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente all’entrata in vigore del decreto nonché ai rinnovi ed alle proroghe dei contratti già in corso. Rimane, invece, esclusa la Pubblica Amministrazione per la quale continua ad applicarsi la disciplina previgente.

Cosa cambia

Prima

Dopo

D.Lgs. n. 81/2015

(Jobs Act)

 

D.L. n. 87/2018

(Decreto Dignità)

Termine di durata

Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a 36 mesi.

Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a 12 mesi.

Può essere apposto un termine avente una durata superiore, comunque non oltre 24 mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze sostitutive di altri lavoratori;

b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

Durata massima

Fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi e con l'eccezione delle attività stagionali, la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato (anche in somministrazione) intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l'altro, non può superare i 36 mesi. In caso di superamento di tale limite, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.

La durata massima dei rapporti a tempo determinato, anche in somministrazione, intercorsi tra le parti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, è fissata in 24 mesi.

Proroghe e rinnovi

Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a 36 mesi e, comunque, per un massimo di 5 volte nell'arco di 36 mesi a prescindere dal numero dei contratti.

Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della sesta proroga.

Il contratto può essere rinnovato o prorogato oltre l’anno, solo in presenza delle esigenze giustificatrici previste in caso di superamento dei 12 mesi di durata. Fanno eccezione i contratti per attività stagionali che possono essere rinnovati o prorogati anche in assenza di ragioni giustificatrici. Il contratto a termine può, altresì, essere prorogatoliberamente nei primi 12 mesi.

In caso di rinnovo o di proroga oltre i 12 mesi, l’apposizione del termine deve risultare con atto scritto contenere la specificazione di tali esigenze.

Il contratto può essere prorogato, solo quando la durata iniziale è inferiore a 24 mesi, e, comunque, per un massimo di 4 volte a prescindere dal numero dei contratti. Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga.

Termine di impugnazione

L'impugnazione del contratto a tempo determinato deve avvenire entro 120 giorni dalla cessazione del singolo contratto.

Il termine per l’impugnazione è incrementato a 180 giorni dalla cessazione del singolo contratto.

Cosa cambia

Prima

Dopo

Legge n. 92/2012

(legge Fornero)

D.L. n. 87/2018

(decreto Dignità)

Contribuzione addizionale

Ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato si applica un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all'1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali.

Il contributo addizionale è aumentato dello 0,5% in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione.